Dal momento che ogni nuovo intervento politico-normativo viene appellato da buona parte della classe dirigente degli ultimi anni come “storico”, “epocale”, ecc., non sarebbe esagerato chiamare quello delle fake news il problema del secolo! Eppure, a ben vedere, sembra una situazione che in qualche modo faccia comodo un po' a tutti.
Un tempo furono le bufale. Termine troppo nostrano per mantenerlo in uso in un momento storico che preferisce – una parentesi nostalgica per me è d’obbligo – importare termini dall’estero invece che usare e valorizzare i propri. In ogni caso, la sostanza non cambia. Pubblicare e diffondere una notizia non vera è certamente un problema che sta influenzando in maniera fastidiosa, e per certi aspetti preoccupante, l’attuale percezione di lettori e cittadini.
Quali fattori ne causano l’incipiente proliferazione?
Anzitutto, complice della diffusione delle fake news sembra essere lo scarso grado di “alfabetizzazione” del fruitore medio, pronto a credere a qualunque notizia d’effetto, specie se questa rafforza le sue idee e convinzioni. Nel concreto, il lettore o l’ascoltatore ha già maturato un giudizio – o, se vogliamo, pregiudizio – su un determinato argomento e aspetta solamente che una notizia lo confermi, anche se questa risulta poi essere falsa.
In secondo luogo, dal punto di vista storico, in un passato non troppo remoto le uniche fonti di divulgazione delle informazioni erano la TV e i quotidiani. Mezzi di comunicazione votati – peraltro con una certa etica a guidarli – a diffondere notizie reali e verificate. Lo scopo era informare, educare, formare. I loro utenti erano certi che quanto ascoltato in TV o letto sui quotidiani era la verità. Oggi, le numerose fonti di divulgazione delle informazioni hanno portato ad una vera e propria giungla dei mass media, all’interno della quale è davvero difficile verificare la veridicità delle fonti e, oltre a questo, la loro motivazione non sembra più essere la diffusione della cultura, bensì il profitto puro e semplice da conquistare a forza di click, follower, like, share, e così via.
Su questo terreno fertile si muovono gli esperti delle bufale che spesso studiano target e momento storico ideale per divulgare la notizia al solo scopo di poter manipolare questa o quella parte dell’opinione pubblica. Gran parte dell’attuale classe dirigente, scarna di competenze e contenuti, si affida a veri e propri professionisti per diramare, perlopiù sul web, notizie false volte a screditare l’avversario politico.
Infine, ulteriore fattore del dilagante fenomeno sembra l’assenza totale di sanzioni per i creatori di queste news. Invece di invocare – come avviene da più parti, sviando in parte il problema – un processo di controllo degli editori, sarebbe più salutare mantenere la garanzia del pluralismo dell’informazione e prevedere sanzioni aspre per quanti, consapevolmente o colpevolmente, diramano notizie false.
In conseguenza di ciò, assodato che il fenomeno è globale, sarebbe auspicabile l’istituzione a livello europeo di un garante sovranazionale – e con delegati locali in ogni Paese membro – che diventi organismo di controllo con potestà di irrogare sanzioni a quanti diramano fake news e/o bufale. E chissà che la debellazione delle bufale non costringa, in un futuro non troppo lontano, i nostri rappresentanti politici ad assumere un qualunque incarico pubblico solo dopo essere passati da una sana gavetta, debitamente corredata da una seria formazione politica, che permetta loro di sconfiggere l'avversario con idee concrete e di valore, invece che costruendo, talvolta ad arte, notizie di mero discredito e slogan demagogici di sicuro successo.
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