Il fatto è noto. Ieri – 10 aprile – il Premier Giuseppe Conte ha tenuto una conferenza stampa, a reti unificate, per aggiornare il Paese sulla pandemia in corso e sui provvedimenti conseguenti. La proroga delle misure fino al 3 maggio è stata comunicata con lo stile a cui il Premier ci ha abituati. E con la consueta spiegazione che il provvedimento è frutto della sintesi di opinioni e pareri di esperti e tecnici. Non si può fare altrimenti, non si può vanificare lo sforzo fatto finora. Giusto, giustissimo. E fin qui, come da copione: il Premier espone le decisioni ai cittadini. L’insofferenza per l’Italia che non riparte è di tutti, anche la sua. Lo sforzo è necessario per tutelare il bene primario della salute. Gli esperti, in task force, supporteranno il momento di emergenza e la ripresa del post-pandemia.
Stavolta però, oltre alla comunicazione istituzionale su misure e provvedimenti, il Premier ha voluto fare chiarezza sulla sua posizione politica rispetto alle opposizioni. E così, dopo aver chiarito la posizione dell’Italia in Europa, dal minuto 13:20 tutto cambia. Diventa esplicito, si sveste del ruolo istituzionale di Premier e diventa antagonista politico dei leader dell’opposizione, facendo “nomi e cognomi”.
Questa mossa fa discutere. Spiazza opinione pubblica e stampa. Una strategia certamente studiata, mai improvvisata – come dimostra l’alternanza con cui Conte sbircia gli appunti, che gli permettono di seguire un canovaccio ben strutturato. Questo è di massima evidenza al minuto 13:55 quando, dopo l’attacco a Salvini e Meloni, rilegge i fogli che ha davanti per pronunciare una parola specifica, probabilmente sfuggitagli nella concentrazione della diretta, e scritta lì proprio per non essere dimenticata: menzogna.
Ci stiamo chiedendo tutti se questo atteggiamento avrà conseguenze positive o negative per la figura che Giuseppe Conte sta cercando di costruire. Ma, nello specifico, qual è il suo obiettivo? Perché questo cambio di approccio?
Sono due gli aspetti che vale la pena analizzare, dal punto di vista della comunicazione.
1. Anzitutto, sembra essere davanti ad un effetto scenico ben costruito per canalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla divergenza tra Governo e opposizione, quasi a volerla distrarre da tutto il resto – dalla noia della quarantena, dai bollettini quotidiani della protezione civile, dallo stress di non poter lavorare (e guadagnare), dalle incertezze di esperti e scienziati su un virus ancora sconosciuto, dall’abisso che ci separa ad un ritorno alla normalità, ecc.
Per farlo, per far si che il messaggio arrivi a tutti, che si crei un shock comunicativo, è necessario fare “nomi e cognomi”. Attaccare duramente, con termini d’effetto scelti ad hoc, i principali esponenti dello schieramento d’opposizione.
2. In secondo luogo, la mossa strategica del Presidente del Consiglio sembra studiata per costruire attorno alla propria figura l’alternativa alla destra sovranista italiana. Giuseppe Conte sembra voler trasmettere personalità e sicurezza che si richiedono a qualunque leader. Appare in tutta la sua evidenza la teoria di Goffman che, servendosi della metafora teatrale per descrivere i comportamenti comunicativi, parlava di scena e retroscena.
Tralasciando il retroscena – che concerne quella sfera del soggetto non visibile al pubblico – vale la pena in questa circostanza concentrarsi sulla scena. Questa si riferisce al linguaggio e al comportamento che il soggetto-emittente adotta per trasmettere agli interlocutori l’immagine di sé che si vuole dare. In scena, quando lo sguardo del pubblico si fa pressante, l’attenzione (e la tensione) è altissima, perché si devono evitare atteggiamenti e comportamenti inopportuni e incoerenti, che vanificherebbero il contenuto del messaggio e la credibilità del soggetto-emittente.
In altri termini, il ruolo che il Premier vuole ricoprire nel momento storico-politico più difficile di questi decenni sembra essere quello di un punto di riferimento anti-sovranista che, allo stesso tempo, gli dia credibilità nelle sedi istituzionali europee.
Se Conte sia riuscito nell’impresa, o, quantomeno, abbia posto delle solide basi per la costruzione della sua immagine, è presto per dirlo. Tuttavia, in certi momenti del discorso trapelava un atteggiamento troppo costruito e poco naturale – si pensi, ad esempio, a quel dito puntato e al tono della voce volutamente severo.
Inoltre, va segnalata una defaillance sul momento e lo strumento utilizzato da Conte. Infatti – come giustamente fatto notare da più parti – l’utilizzo di una diretta dall’emittente pubblica, a reti unificate, è sicuramente la sede meno opportuna per un attacco molto politico e poco istituzionale.
In ogni caso, adesso, in coerenza con quanto realizzato finora, tutte le volte che andrà in scena, Giuseppe Conte dovrà tenere un comportamento coerente sia con il contenuto delle sue affermazioni, sia con lo stile adottato. La sua figura istituzionale, la sua credibilità politica, dipenderanno da quanto, d’ora in poi, saprà tenere la scena e interpretare il ruolo che si è dato.
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