Perché si sta combattendo in Ucraina, io non l’ho capito. O meglio, ho sentito alcune motivazioni che Putin e i suoi hanno divulgato in alcuni video-comunicati ed ho ascoltato esperti opinionisti e giornalisti informati, tuttavia non ho ancora compreso il senso dell’attacco russo al popolo ucraino.
Probabilmente la questione è molto più semplice di come appare e, ancora una volta – come spesso accade quando si parla di guerra e politica – bisogna disturbare sir Winston Churchill per capirci qualcosa. Egli, già nel ’39, diceva della Russia: “È un rebus avvolto in un mistero che sta dentro ad un enigma. Ma forse c’è una chiave: è l’interesse nazionale russo”.
L’allora quasi Primo Ministro del Regno Unito – lo sarebbe diventato nel 1940 –, concludeva poi di essere convinto che “non vi sia nulla che i russi ammirano di più della forza, e che non vi sia nulla che rispettano meno della debolezza, specie quella militare”.
Non mi sorprende l’attualità di Churchill, che comunque lascia ammirati, quanto il fatto di trovarci, quasi un secolo dopo, a fare i conti con lo stesso popolo e le stesse sue velleità.
Pur comprendendo i timori di una Nazione che, geograficamente, si sente circondata da potenze non allineate alla sua concezione del mondo, l’attacco dei russi all’Ucraina è pretestuoso, immotivato, ingiustificabile e gravissimo.
Non mi sembra, in pratica, che ci sia stata un’evoluzione rispetto all’identità di un popolo – o almeno dei suoi gerarchi – rispetto all’idea che si aveva di esso nell’Inghilterra degli anni ’40. Certo, ad analizzare i fatti storici, si può certamente rievocare l’insieme delle campagne belliche che, nel corso dei secoli, hanno tentato di invadere e conquistare il suolo russo, perlopiù da ovest: i polacchi nel 1605, gli svedesi nel 1708, i francesi nel 1812, i tedeschi nel 1914 prima e nel 1941 poi. Dal punto di vista dei russi, il loro territorio è stato spesso oggetto degli appetiti espansionistici dei popoli confinanti.
Ma oggi? Davvero Putin e i suoi ritengono concreta la minaccia di un attacco alla loro nazione? È davvero la paura di essere invasi che l’ha spinto ad attaccare ed invadere per primo?
I fatti sembrerebbero dargli torto, da tutti i punti di vista: primo fra tutti il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Rispetto a questo aspetto, il popolo ucraino ha tutto il diritto di scegliere democraticamente da chi farsi rappresentare e, di conseguenza, farsi guidare dai propri rappresentanti nella scelta dei rapporti internazionali e delle alleanze mondiali.
Non voglio in questa sede fare una disamina dei complessi rapporti tra i governi, ucraini e russi, degli ultimi quindici/vent’anni. Quello che mi preme sottolineare è l’assurdità di una guerra iniziata all’improvviso, nonostante le avvisaglie fossero nell’aria – e nei report documentati di certa intelligence –, che nessuno considerava possibile nel 2022, durante una pandemia, un’evoluzione tecnologica senza precedenti e la globalizzazione ormai predominante.
Nonostante gli Usa dicano da tempo di essere a conoscenza delle reali intenzioni di Putin, non sono riusciti a preparare una risposta adeguata, nei modi e nei tempi, all’attacco bellico russo. E, mentre i tavoli dei Paesi occidentali continuano a riunirsi e il dialogo tra i vari rappresentati istituzionali è costante, in poco più di ventiquattr’ore l’esercito Russo si è spinto fino alle porte di Kiev, distruggendo edifici militari e civili, ospedali e scuole, e causando la sofferenza di migliaia di persone comuni, brava gente, uomini, donne, anziani, bambini.
La risposta degli Stati occidentali è, al momento, orientata sul piano delle sanzioni economiche. Impedire alla Russia di continuare a fare affari con gli Stati americani e dell’Unione Europea sembra attualmente l’unica contromossa avviata dall’occidente.
Al di là dell’efficacia o meno della risposta economica ad un attacco militare, il punto di riflessione è valoriale: davvero siamo sicuri che la sofferenza inferta ai civili ucraini dall’esercito russo potrà essere bilanciata da una sofferenza economica inferta ai conti correnti russi?
Non entro nel merito della questione delicatissima se agire militarmente o meno. Per quanto, mi sento di dire, che la guerra va sempre evitata! Non so, e non pretendo di sapere, se si poteva risolvere tutto con la diplomazia e col dialogo, ma rifletto sull’idea che ormai i mercati, le transazioni finanziarie, le riserve economiche e i depositi bancari sembrano aver assunto nella scala dei valori un grado talmente elevato da poter essere oggetto di risposta verso un attacco alle vite umane. Come se la sofferenza di chi sta perdendo tutto – la casa, le persone care, le abitudini quotidiane, gli affetti domestici – sia pari alla sofferenza di quanti si ritroveranno senza la possibilità di vendere prodotti sul mercato occidentale o prelevare qualche milioncino di euro dai conti correnti esteri!
Sarà davvero questa la leva che convincerà un esercito che invade brutalmente militari e civili di uno stato confinante a determinare la fine della guerra?
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