Diversi leader politici, ormai, cercano di ostentare un profilo moderato, riformista e liberale per ritagliarsi un posto da protagonisti al centro del panorama politico nazionale.
Il loro scopo è quello di intercettare l’elettore fermamente democratico, moderato, non estremista. Quello che i mass-media sintetizzano come elettore di centro, appunto.
Con questi loro continui stucchevoli giochini da navigati strateghi politici e arguti posizionamenti (!) nello scacchiere partitico nostrano, però, non hanno fatto i conti con la nausea dell’elettore medio – proprio quello moderato, quello democratico, quello non estremista, quello di centro – al quale hanno letteralmente stufato gli inutili giochi di potere, piacevoli da seguire se sono la trama di una serie netflix, barbosi se riguardano la politica del Paese reale.
L’unica conseguenza di questa pantomima, lo abbiamo già visto, è stata (e temo sarà ancora) l’astensionismo. Certamente da parte di quell’elettore medio, quello moderato, quello di centro.
Dall’altro lato, i cosiddetti estremisti, quelli che manifestano senza remore idee più forti, meno moderate, e non si vergognano delle posizioni decise e dure, potranno continuare a contare sui voti del proprio elettorato, che li premia per la coerenza, la fermezza, la visione – condivisibile o meno non importa: quello che paga è il non cambiare continuamente opinione, idea, dichiarazioni e alleati per inseguire il sondaggio del momento o i like sui social network.
Tutto questo i leader moderati sembrano non capirlo, conviti di riuscire a colmare l’insoddisfazione che sta al centro e di tornare ad essere eletti dagli elettori moderati, dai lavoratori che ogni giorno tornano a casa distrutti dopo otto/dieci ore in ufficio, in fabbrica, in strada. Loro, quei lavoratori – che i sondaggi considerano la maggior parte dell’elettorato attivo del Paese –, vorrebbero risposte concrete ad esigenze altrettanto concrete. Quelli, i leader moderati (di vecchia e nuova convinzione), questo non lo capiscono, presi come sono dall’unico fine che sembra davvero motivarli: trovare un bacino di voti per garantirsi la rielezione.
Vincerà ancora l’astensionismo. E in un Paese incardinato sul sistema democratico della rappresentatività significherà la sconfitta morale proprio di quel sistema di valori democratici che hanno ispirato i padri costituenti. E poco importa chi, alla fine, avrà la maggioranza parlamentare, quel che conta – o che dovrebbe contare – non sono le percentuali relative, ma il numero effettivo di aventi diritto che sentono ancora il dovere di esprimere il proprio voto confidando in una classe dirigente degna di rappresentarli.
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